Gli Enti del Terzo Settore

La riforma del Terzo Settore ha preso avvio dalla legge delega 106/2016, con la quale si delegava al Governo un radicale intervento per il perseguimento di quattro obiettivi specifici:

  1. il riordino della disciplina civilistica del libro I del codice civile;
  2. la revisione della disciplina speciale, compresa la disciplina tributaria, applicabile agli enti del Terzo Settore;
  3. la redazione di un apposito Codice del Terzo Settore;
  4. la revisione della disciplina dell’impresa sociale e del servizio civile universale;

La legge delega ha portato all’emanazione di sette decreti legislativi di attuazione, tra i quali il D.lgs. 117/2017, meglio noto come Codice del Terzo Settore, il quale ha abrogato la legge sul volontariato (L. 266/91), la legge sulle associazioni di promozione sociale (L. 383/2000) e la disciplina delle ONLUS (art. 10 D.lgs. 460/97).

Il Codice del Terzo Settore, all’articolo 4, definisce normativamente gli Enti del terzo Settore, individuandone le seguenti caratteristiche:

  • devono essere costituiti sotto forma di enti privati;
  • non devono avere scopo di lucro, il che non significa che non debbano avere profitti ma che debbano reinvestirli per finanziare le proprie attività, senza redistribuirli tra i propri membri;
  • devono perseguire finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale;
  • devono svolgere attività di interesse generale, mediante azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi;
  • devono essere iscritti al il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS).

Le attività che tali enti possono svolgere sono tipicizzate dall’articolo 5 e sono 26. L’elenco non è rigido, potendo essere modificato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Le attività sono: interventi e servizi sociali, sanità, prestazioni socio sanitarie, istruzione e formazione, ambiente, valorizzazione patrimonio culturale, formazione universitaria e post, ricerca scientifica, attività culturali, artistiche ricreative, radiodiffusione a carattere comunitario, attività turistiche di interesse sociale, formazione extrascolastica, servizi strumentali al terzo settore, cooperazione allo sviluppo, commercio equo solidale, rinserimento lavoratori, alloggio sociale, accoglienza umanitarie, agricoltura sociale, attività sportive, beneficienza, promozione della legalità e pace, promozione diritti umani, adozioni internazionali, protezione civile, riqualificazione beni pubblici.

Oltre a queste attività gli Enti del Terzo Settore possono svolgere le c.d. attività diverse, purché queste:

  • siano previste dallo statuto o dall’atto costitutivo;
  • siano strumentali alle attività di interesse generale;
  • vengano svolte secondo i criteri e i limiti definiti dal decreto 107/2021 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Alcuni enti, per loro specifica natura, non possono far parte del Terzo Settore, ovvero amministrazioni pubbliche, fondazioni bancarie, partiti, sindacati, associazioni professionali, di categoria e di datori di lavoro e associazioni o fondazioni di diritto privato ex IPAB, derivanti dai processi di trasformazione delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza.

Per quanto riguarda gli enti religiosi civilmente riconosciuti, possono accedere al Terzo Settore, limitatamente alle attività di interesse generale e purché adottino un apposito regolamento (sotto forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata) con il quale recepiscano le norme del Codice. Tale regolamento va depositato presso il RUNTS.